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al testo di Pietro Menditto
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Il temporale si allontanava con gli ultimi colpi di coda come uno che ha fatto la sua sfuriata e mentre se ne va ripassa a mente quello che ha detto e ogni tanto si ferma, voltandosi indietro per mandare qualche ultima minaccia, ultimatum, avvertimento, prima di richiudersi la porta alle spalle e scomparire.
Noi ce ne stavamo in silenzio a letto che è un’azione pesante perché più lo nutri il silenzio più questo ingrassa e il suo peso diventa intollerabile se non sei macrosplancnico come lui.
Il problema era che lo avevamo fatto già alcune volte e non restava che riposare sull’oblìo degli orgasmi che d’oblìo sono fatti a garanzia della loro fattoriale moltiplicazione.
La stanza però era giusta e così la casa e venivamo da una mattina di merda da una situazione di merda, in una città di merda, tanto per fermarci alla storia più recente, e la realtà mostrava nocche e muscoli superbi contro le nostre schiene disfatte o più in generale le nostre disfatte.
In questi casi sempre si fuma un po’ e dopo un po’ ci si interroga sul perché delle sigarette e si conclude che è più facile smettere un amore che il vizio e si vuole stare male e tossire da perdere gli occhi perché quella casa che sogni da una vita l’ha comprata uno che mangia bambini a colazione.
Anche quella che è con te c’ha i suoi problemi e li vede sullo schermo del soffitto su cui scorrono come divi dell’accanimento e sotto la sua pelle la cellulite sta avendo il suo progressivo trionfo e le rughe non dovrebbero accampare diritti vista la non vissuta giovinezza.
Qualcosa quindi si dovrebbe, potrebbe fare. Mangiare bambini a colazione, p.es., rapinare uno diventato ricco e famoso anche se o forse perché canta con la voce di un’anatra e pagarsi una beauty farm…
Ma stanze come questa sono fatte apposta per mantenere lo status quo. Sono a buon mercato, sotto la finestra hanno una sedia, un tavolino dall’unico cassetto istoriato coi ‘ricordo’ di quelli di passaggio; uno è persino scritto in un alfabeto fatto di asterischi e forse della stanza ne parla bene. Stanze come questa alle pareti esibiscono le opere di tizi che nella sua infinita fantasia la morte elesse giovinetti per coglierli alla fine nell’estrema estenuazione del delirio d’essere artisti e possiedono, se la sai vedere, la dignità di chi per contrasto svergogna alto nel tribunale del cielo il disonore di tutto il resto.
Stanze come questa sopravvivono al cataclisma di ogni giorno e sono abitate dall’indispensabile. Un tizio, una tizia e la visita di un temporale che fa tanto rumore perché non ha niente da dire, perché di stanze come questa non sopporta il silenzio e il fatto che qualcuno le possa abitare senza lamentarsi.
Così ci massaggiammo un po’ la schiena a vicenda, immaginammo di fare una doccia, ne fumammo un’altra e con cautela lo facemmo un’altra volta mentre dalla finestra il preistorico odore della terra bagnata ci riportava a un altro dopo-temporale come questo, ma dell’infanzia, ormai sepolto sotto l’oblio nostro e quello del mondo intero. |
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